L'equilibrio sociale di un paese si giudica dal modo in cui disciplina quelli che sono gli elementi fondanti della convivenza civile di ogni moderna democrazia: il lavoro e la solidarietà.
Se ciò è vero, dobbiamo dirci allora con franchezza che il mercato del lavoro e il welfare presentano ancora oggi in Italia delle inaccettabili asimmetrie tra chi risulta ipergarantito e chi risulta, invece, privo di ogni significativa tutela.
Il Governo ha quindi definitivamente cancellato, per decreto, la prima rata dell'Imu 2013 sulle abitazioni principali ed ha annunciato di avere le coperture per eliminare anche il saldo di dicembre. Questo avverrà, sempre secondo gli annunci, con il decreto di accompagnamento alla Legge di stabilità il prossimo 15 ottobre.
"Fai della tua vita un sogno e di un sogno la realtà". Così scrive Antoine de Saint Exupery in quel gioiello della letteratura francese che è "Il piccolo principe". Il senso è quello di non fermarsi mai alla cruda realtà accettandone le conseguenze, ma di puntare sempre al miglioramento. Così da farlo diventare il senso, la direzione costante della propria vita. Significa avere il coraggio di osare, di volare alto, di pensare in grande. Questo, in altre parole, significa appunto sognare. Del resto, l'idea della fattibilità del miglioramento è stata sempre il motore della storia e del progresso umano ed è comunque destinata a sopravvivere anche a tutte le sue episodiche sconfitte.
"Generation jobless", generazione senza lavoro, titolava qualche mese fa l'Economist, dedicando addirittura la sua copertina al fenomeno della disoccupazione giovanile ed alla crescita globale dei senza lavoro under 24.
I professionisti iscritti ad Ordini sono oggi in Italia circa 2,3 milioni e producono il 15% del PIL nazionale.
Si dice spesso che questo è il secolo dove conta "chi sa" più di quanto conti "chi ha".
Troppo spesso sentiamo ripetere parole ed espressioni fino a perderne il significato originario. Col risultato di smarrirne del tutto anche il senso concreto.
Ci diciamo da tempo che siamo "sull'orlo del baratro" e, nel pronunciare ripetutamente quella stessa espressione, ci convinciamo di non esserci ancora finiti dentro. Così un'espressione minacciosa, reiterata nel tempo, finisce per diventare addirittura consolatoria.
È in questo 2013 che la crisi economica, iniziata ormai cinque anni fa, sta manifestando i suoi effetti più significativi. Quantomeno nel nostro Paese.
Sono sempre di più imprese che chiudono, i disoccupati crescono, i giovani sono senza prospettiva di poter trovare quelle opportunità di lavoro che i più anziani invece perdono. I rubinetti del credito sono ormai per tutti sempre più chiusi. Aumentano anche gli inattivi, quelli che il lavoro non lo cercano addirittura più e quindi non compaiono neanche nelle statistiche già di per sè preoccupanti che riguardano la disoccupazione. Il peso insostenibile della burocrazia e delle tasse deprimono poi, definitivamente, qualsiasi volontà residua anche solo di provarci.
Il decreto approvato sabato dal consiglio dei ministri per i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese inizia, pur con colpevole e del tutto ingiustificato ritardo, a porre rimedio ad un paradosso tutto italiano.
Non si può infatti chiedere al cittadino di rispettare le regole poste dal proprio Stato se quest'ultimo è il primo a non rispettarle nei suoi confronti.
Molti commentatori lamentano come, in questa campagna elettorale, sia largamente assente un reale dibattito sui programmi e sulle proposte. Si preferisce rimpallarsi generiche responsabilità sul passato piuttosto che discutere e confrontarsi su documentate proposte per il futuro. Tengono banco più i sondaggi e le possibili alleanze che gli obiettivi concreti rispetto ai quali quelle alleanze dovrebbero risultare funzionali.
Sono da tempo convinto che il clima di pessimismo e di sfiducia nel futuro sia il principale ostacolo alla ripresa civile ed economica del nostro Paese.
L'economia langue perchè manca la fiducia, è assai meno vero il contrario.
Manca infatti la fiducia che in Italia si possa oggi fare impresa con margini di successo, anche se si dispone di capacità e di talento.
Tanto che i migliori scelgono oggi di emigrare e molti autorevoli commentatori consigliano loro esplicitamente di farlo come unica via possibile all'affermazione ed al riconoscimento delle loro capacità.
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