Un DEF ancora lontano dai problemi reali

Dopo aver sbandierato obiettivi di crescita che nessun analista accreditato aveva mai confermato, oggi, con il DEF appena approvato dal governo, si cominciano a fare i primi conti con la realtà.

Il Paese non crescerà nel 2019 dell’1,5% (prima ipotesi di manovra poi bocciata da Bruxelles) e nemmeno dell’1% (manovra riscritta ed approvata dal parlamento a dicembre), bensì di un assai più modesto 0,2%. Sempre che gli effetti delle riforme che il governo ha in animo di fare (decreto crescita e sblocca-cantieri) aumentino queste previsioni di crescita che, a legislazione vigente, si fermano ad un decimale inferiore (+0,1%). Crescita zero quindi o giù di lì come si commentava, facili profeti, qualche tempo fa.

Non solo, ma ora il DEF appena approvato dal governo mette anche nero su bianco che le principali misure della manovra avranno un impatto nullo o minimo sulle potenzialità di crescita del nostro Paese. Nessun impatto è infatti previsto per quanto riguarda “quota 100” e solo un modestissimo +0,2% per quanto riguarda il “reddito di cittadinanza”.

Altro che boom economico. Forse, in questo caso, non era così difficile prevedere che pagare persone per non lavorare ben difficilmente avrebbe potuto contribuire ad innalzare la crescita.

Solo un vago accenno, infine, all’altro cavallo di battaglia del governo e cioè la cosiddetta “flat tax”.

Lungi dall’indicare precisamente delle aliquote, il DEF si limita infatti ad evocare genericamente la necessità di pervenire ad “un processo di riforma delle imposte sui redditi (“flat tax”) e di generale semplificazione del sistema fiscale, alleviando l’imposizione a carico dei ceti medi”.

Nulla più che un brodino. Che dev’essere tuttavia sembrato addirittura troppo se si è ritenuto pure di aggiungere che il tutto comunque dovrà avvenire “nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica definiti nel programma di stabilità”.

Resta sempre, non scordiamolo mai, il macigno dei 23 miliardi da trovare nell’anno, non già per abbassare le tasse, ma al contrario solo per evitare l’aumento dell’Iva a partire dal prossimo 2020.

Ma questo Paese non crescerà mai se non si vorranno affrontare, in un programma di lungo periodo, i tre veri nodi che stanno alla base della nostra deludente performance economica: produttività, formazione del capitale umano e livello degli investimenti.

Siamo infatti ben al disotto della media Ue di crescita della produttività, intesa come rapporto tra Pil e ore lavorate; abbiamo una percentuale di laureati inferiore ai Paesi con cui ci confrontiamo e dedichiamo alla nostra scuola pubblica meno risorse di tutti; gli investimenti infine, sia privati che pubblici, si mantengono su valori anch’essi inferiori a quelli degli altri Paesi europei. Si tratta, tra l’altro, di criticità tra di loro estremamente interconnesse in quanto solo la creazione di adeguate competenze permette di sfruttare le innovazioni tecnologiche e solo un ambiente favorevole all’innovazione può spingere le imprese ad investire.

Ma di tutto questo, colpevolmente, si preferisce non parlare.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

11/04/2019 Il Messaggero Veneto