Lavoro, scuola e invecchiamento attivo: si batta un colpo!

La crisi d’estate volge ormai a conclusione ed è quindi più che legittimo interrogarsi sui temi che la nuova compagine di governo si troverà a dover affrontare. Lasciando stare per un momento le tematiche domestiche, maldestramente assurte al ruolo di altrettanti crocevia irrinunciabili della politica nostrana (reddito di cittadinanza, flat tax, quota 100 …), l’attualità internazionale ci segnala alcuni temi assai più rilevanti ai quali una buona politica dovrebbe trovare le risposte adeguate per il futuro della comunità che si candida ad amministrare.

Due temi, su tutti, mi paiono di assoluta rilevanza in chiave prospettica. Un recente rapporto dell’OCSE ci dice che, entro il 2050, in Italia ci saranno più pensionati che lavoratori attivi. Secondo l’organizzazione internazionale infatti, stando agli attuali sistemi pensionistici e all’andamento del rapporto tra tasso di natalità e mortalità, in paesi come l’Italia, la Grecia e la Polonia il forte rischio è quello di arrivare tra 30 anni ad un rapporto di uno ad uno, o addirittura di più, tra over 50 fuori dal mondo del lavoro e lavoratori attivi.

In particolare, per l’Italia l’OCSE ha stimato che nel 2040 gli over 60 aumenteranno dell’11%, passando dall’attuale 28%, rispetto alla popolazione totale, al 39%. E questo perché l’età di uscita dal mercato del lavoro, nonostante l’allungamento della vita media e le migliori condizioni di salute degli anziani, è oggi inferiore rispetto a quella di 30 anni fa. La soluzione prospettata dall’OCSE è “un azione politica concertata per promuovere l’invecchiamento attivo” con la necessità di prevedere investimenti nella formazione continua dei meno giovani, soprattutto nell’ambito delle competenze digitali.

Il secondo grande tema riguarda la tecnologia ed i conseguenti cambiamenti del mondo del lavoro. Uno studio del World Economic Forum evidenzia che il 65% dei bambini che vanno a scuola oggi, una volta diplomati o laureati, svolgeranno lavori che ad oggi ancora non esistono.

E questo non tanto perché il lavoro umano sparirà (accadrà solo in casi molto limitati e per le attività più ripetitive), ma perché cambieranno significativamente le abilità richieste ai lavoratori. Il commercio si sposterà fino ad assestarsi sull’e-commerce e la marea di dati di una società informatizzata richiederanno sempre di più persone capaci di gestire queste informazioni.

Invecchiamento della popolazione e sviluppo tecnologico sono, assieme all’ambiente, i grandi temi che abbiamo di fronte.

Quale strategia abbiamo in mente per affrontare o, se del caso, per contrastare, questi cambiamenti epocali? Può essere allora quota 100, o anche il reddito di cittadinanza, una misura efficace per promuovere quell’invecchiamento attivo suggerito dall’OCSE? I nostri ragazzi imparano nella primissima infanzia ad usare il touch screen ma è assai più importante che inizino a capire gli effetti di un click.

E’ quindi indispensabile che la scuola insegni loro fin dalle elementari il linguaggio di programmazione per sapere come si fa ad ordinare ad una macchina di eseguire un determinato compito.

Come è altrettanto necessario che la lingua inglese diventi fin dall’inizio un vero ed effettivo pilastro della scuola moderna per poter dare ai nostri ragazzi gli strumenti che davvero servono a prepararli al futuro.

Può essere allora la semplice stabilizzazione degli insegnanti precari il toccasana per una seria riforma della scuola al passo coi tempi e con le esigenze della concorrenza internazionale? Su questi temi nuovo governo batti finalmente un colpo!

Perché per essere davvero “di svolta” (così come ieri “del cambiamento”) occorre prima di tutto sfuggire dal rischio di pensare di risolvere i problemi con la stessa mentalità che li ha generati.

Claudio Siciliotti
@csiciliotti
@claudio.siciliotti

06/09/2019 Il Messaggero Veneto